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Non si può pensare a Cala dei Balcani senza la sua Torre.
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Non si può pensare a Cala dei Balcani senza la sua Torre.

Non si può pensare a Cala dei Balcani senza la sua Torre, visitarla o soltanto starle accanto ci riporta indietro a respirare l’odore di un tempo che fu e che conserva prepotentemente la sua magia.

“ sta come torre ferma, che non crolla già mai la cima per soffiar di venti “

     Dante Alighieri, canto V del Purgatorio

La Torre Saracena, unica e spettaco­lare svetta su un mare blu circondato dall’abbrac­cio della pineta circostante, dove sposi e ospiti, in un solo sguardo, possono ammirare un orizzonte sconfinato che va dal Capo di Leuca ai Balcani.

Immersa nella vegetazione di una grande pineta, posizionata su un costone roccioso che sovrasta la città di Santa Cesarea Terme, sorge lei, la superba e omonima torre chiamata anche Torre del Monte Saracino, guardiana paziente di incursioni e mareggiate.

Se solo la Torre potesse parlare ci racconterebbe una storia destinata a ripetersi, assalti di genti venute da terre lontane, storie di incontri e scontri destinati a cambiare per sempre il tranquillo e ordinato vivere quotidiano.

In realtà non si conosce con esattezza l’anno della sua costruzione, ma la troviamo citata nella cartografia del 1500. L’ubicazione sulla costa alta e la pianta piccola e circolare la mettono in relazione con le altre torri sorelle, a sud di Otranto, realizzate con furia a seguito dell’eccidio per mano turca della popolazione idruntina. In verità la realizzazione in Puglia delle torri di avvistamento è pratica normanna e risale all’XI secolo, ma nel corso dei vari secoli queste strutture cambiarono forma e finalità.

Le mura, costituite da pietre dalle forme irregolari tenute insieme da malta e calce con frammenti di sabbia calcarea e tegole d’argilla in frantumi, resistono al peso della storia e portano in sé tracce di echi lontani. A sud e poco distante dalla torre sorge un edificio costruito in conci di carparo. L’ingresso è rivolto lungo il lato corto meridionale e l’interno, voltato a botte, appare costruito da materiali di crollo. Incassati nel muro, esistono ancora i conci sagomati e forati per legare i cavalli. Il secondo edificio, realizzato con una muratura a secco e di dimensioni non sviluppate, fu realizzato dopo che la Torre di Santa Cesarea non risultò più idonea ai compiti di controllo del tratto di mare antistante. Un’altra costruzione realizzata in pietrame a secco si trova nei pressi dei due edifici sopradescritti: si tratta di una “caseddha” utilizzata dai contadini come riparo dalle intemperie e ricovero durante la stagione di pesca. Gli interventi di recupero hanno consentito la salvaguardia della Torre e dei due locali circostanti, i quali, nell’insieme, hanno ripristinato l’antico complesso architettonico, testimonianza molto rilevante per la storia di questo lembo di territorio salentino.

L’antica Torre del Monte Saracino fu realizzata molto probabilmente sotto gli Aragonesi che tra il ‘400 e il ‘500 operarono un’importante fase di riarmo territoriale con la conseguente riconfigurazione difensiva del territorio. Ecco che le torri a causa dell’introduzione della polvere da sparo divennero più basse, si rese infatti necessaria la loro cimatura, assunsero la forma cilindrica con la presenza di torrioni casamattati e mura scarpate. Convinzione pressoché generale era che la Terra d’Otranto costituisse l’estremo baluardo difensivo nei confronti dei Turchi, da qui il timore derivante dal fatto che il Regno di Napoli malamente riusciva ad arginare e prevenire le incursioni piratesche. Successivamente al sacco di Otranto del 14 Agosto 1480 la corona spagnola pose particolare attenzione nella riorganizzazione della struttura difensiva delle terre a Sud del Regno, munendo le coste di torri, fortificazioni e piazzeforti. In questo preciso momento storico va collocata la costruzione della Torre di Santa Cesarea o Torre del Monte Saracino. Con una base circolare di circa nove metri di diametro ed un’altezza di circa 10 metri la costruzione si eleva a corpo troncoconico e porta in sé i segni delle modifiche che l’hanno in parte intaccata nella sua configurazione originaria.

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